Home » Gli integratori alimentari fanno male al fegato?

La ricerca recente evidenzia che la nostra alimentazione è sempre più carente di alcuni nutrienti essenziali, tra cui calcio, potassio, magnesio e vitamine A, C e D. Non c’è da meravigliarsi se più della metà di noi fa uso di integratori per sopperire alla carenza di nutrienti di cui abbiamo bisogno. Questo sembrerebbe fantastico poiché in tal modo possiamo ottenere i nostri nutrienti direttamente da una pillola, ma siamo sicuri che questo sia realmente positivo per la salute? Assumere integratori in maniera sconsiderata, in quantità superiori ai fabbisogni raccomandati, può essere pericoloso per la salute. In particolare: gli integratori per il fegato possono essere un problema? Facciamo chiarezza.

Come orientarsi nel mondo dell’integrazione alimentare senza esagerare?

È chiaro che diventa difficile orientarsi in un mondo in cui gli integratori si trovano negli scaffali di un qualsiasi supermercato, ma proviamo a capire come si possa raggiungere la consapevolezza che gli integratori debbano effettivamente “integrare” la nostra alimentazione in caso sia necessario, all’interno di una dose raccomandata e soprattutto assumendo prodotti di qualità elevata.

Sentiamo quotidianamente molte notizie incoraggianti sugli integratori. Per esempio, di recente si parla molto di Vitamina D, sottolineando l’importanza di un’adeguata concentrazione ematica di questa vitamina implicata contro un lungo elenco di malattie, tra cui cancro, diabete, depressione e persino il comune raffreddore. Allo stesso modo sentiamo parlare spesso di acidi grassi Omega-3, soprattutto per la loro capacità di mantenere una buona salute cardiocircolatoria e per scongiurare il rischio di ictus e altri eventi cardiovascolari. Infine sentiamo sempre parlare di antiossidanti, come le vitamine C, E e il beta carotene, poiché sono stati visti come promettenti nella lotta contro le malattie cardiache, il cancro e persino il morbo di Alzheimer. Tutto questo sopracitato è vero e trova conferma nella scienza, ma il messaggio deve essere interpretato nel modo giusto.

Consideriamo ad esempio il caso della Vitamina D: la sua assunzione alimentare (sotto forma di alimenti e integratori) sembra non avere gli stessi effetti di una fisiologica produzione di vitamina D in risposta all’esposizione alla luce solare. Le persone riscontrano spesso carenza di vitamina D e questo può essere negativo per la salute, ma anziché buttarsi a capofitto sull’assunzione di un integratore, come prima cosa occorre modificare il proprio stile di vita cercando di esporsi maggiormente al sole (anche d’inverno bastano 20-30 minuti) oppure cercando di assumere la vitamina D con gli alimenti. Qualora non fosse possibile adottare questi comportamenti, è molto sensato utilizzare un integratore di vitamina D per evitare eventuali carenze. Stesso discorso si potrebbe fare per gli Omega 3, la cui assunzione non deve essere vista come “la cura di tutti i mali”. Gli eventi avversi cardiovascolari si prevengono con uno stile di vita sano, una quotidiana attività fisica e una sana alimentazione. Solo dopo aver messo a posto questi fattori si può considerare di inserire un supplemento di Omega 3 in tutti quei casi in cui non vi è un sufficiente apporto con la dieta. E così possiamo riferirci agli antiossidanti: l’assunzione integratori di antiossidanti non esula dal dover seguire una dieta bilanciata, ricca di alimenti contenenti antiossidanti e uno stile di vita sano e attivo. La maggior parte degli integratori viene studiato mediante “studi osservazionali” nei quali non vengono considerati molti fattori “esterni” allo studio, come la dieta, l’esercizio fisico e altre variabili. Per questo motivo non bisogna prendere per buono tutto quello che ci viene propinato, anzi, occorre avere la capacità di sapere interpretare i dati statistici, il tipo di studio condotto ed eventuali conflitti di interessi.

Infine, un fattore importantissimo da considerare è la qualità degli integratori assunti. Consideriamo, a titolo di esempio, gli Omega 3. Assumendo integratori di olio di pesce senza provenienza certificata, senza certificazioni di purezza, rischiamo di assumere qualcosa di veramente pericoloso per la salute, contaminato da metalli pesanti e diossina. In questo modo non solo decadono i risultati positivi sperati ma la situazione viene peggiorata! Lo stesso si potrebbe dire molti altri integratori. Quindi prima di assumere integratori occorre essere pienamente al corrente di quello che si sta facendo, tenendo presente innanzitutto il proprio stile di vita e la propria alimentazione e successivamente, se dovessero persistere carenze alimentari, integrare con la giusta dose di integratori di elevata qualità.

Integratori e fegato: quali sono le conseguenze?

Dopo questa lunga premessa possiamo rispondere finalmente alla domanda che intitola questo articolo: “gli integratori fanno male al fegato?”.  Se assunti nel modo giusto, con le precauzioni sopracitate, nel rispetto delle dosi giornaliere raccomandate e di buona qualità, le interazioni tra integratori fegato non sono dannose. Infatti, fortunatamente il nostro fegato possiede importanti “meccanismi di protezione” nei confronti di agenti xenobiotici (tra cui farmaci e integratori). Una molecola importantissima in questo contesto è il glutatione, particolarmente presente nel fegato, dove ha il compito di proteggere gli epatociti da molecole pericolose, sia endogene, sie esogene. Una eccessiva concentrazione di sostanza tossica nel fegato può esaurire rapidamente le scorte di glutatione, provocando danni al fegato. Per questo motivo occorre prudenza nei confronti di farmaci e integratori alimentari.

Il glutatione è considerato uno dei più potenti antiossidanti per il nostro corpo, in grado di combattere lo stress ossidativo e proteggere l’organismo da una lunga serie di patologie. L’integrazione con glutatione sembra essere sicura e benefica per il fegato, soprattutto quando si ha la consapevolezza di aver “appesantito” un po’ gli epatociti integratori e farmaci in dosi elevate. L’unico problema con l’integrazione orale di glutatione risiede nella sua scarsa biodisponibilità. Per questo motivo negli anni la ricerca ha lavorato tanto per cercare di trovare una soluzione al problema della biodisponibilità. Al momento la forma migliore di glutatione in commercio da assumere per via orale risulta quella liposomiale. Si utilizzano appunto delle piccole “celle” costituite da un bilayer fosfolipidico, detti “liposomi”. I liposomi rappresentano un modo per consentire alle molecole al loro interno (il glutatione in questo caso) di superare i processi digestivi e arrivare intatte nel torrente ematico. Grazie a questa tecnologia è possibile avere glutatione biodisponibile nel nostro organismo, in grado di svolgere tutte le sue importantissime funzioni. Il team di ricerca e sviluppo di TN Pharma con il GLUTATIONE LIPOSOMIALE 30 CAPS VEGETALI ha creato una forma di glutatione liposomiale , utilizzando un glutatione Setria, di altissima qualità. Con l’assunzione di una sola capsula al giorno si può godere di tutti gli effetti positivi associati a questa molecola.

 

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Dott. Antonio Milocco

Biologo nutrizionista, il Dott. Antonio Milocco è focalizzato sulla ricerca nelle scienze dell’alimentazione grazie ad una collaborazione con l’Università di Sassari.